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martedì 19 maggio 2009

I PUGNI IN TASCA | BELLOCCHIO


1965
di: Marco Bellocchio.


Villa borghese nella campagna piacentina, quattro fratelli, Alberto, Ale, Giulia e Leone vivono con la madre cieca, i loro rapporti sono intricati, conflittuali e morbosi, appesantiti dalle "malattie" che presiedono le loro esistenze: cecità. epilessia, nevrosi, apatia, narcisismo, infantilismo. Escono solo per andare al cimitero, e ogni volta il viaggio ha una connotazione macabra, uno scopo funereo potenziale o tattile.
Alberto, il "capofamiglia", sembra essere l'unico "normale", esce, ha una ragazza, sogna il matrimonio, un appartamento in città. Scopriamo che Ale ha delle ambizioni, una volontà di emanciparsi: ha un progetto imprenditoriale, desidera imparare a guidare, e uccidere il resto della famiglia. Opta per l'assassinio della madre soltanto. Il matricidio diventa un vero e proprio punto di svolta, compiendo l'atto sacrificale supremo acquista consapevolezza di sè e guadagna il rispetto di tutta la famiglia, con Giulia si lega in modo più intimo, vagamente erotico, Alberto inizia a trattarlo con rispetto, gli permette di uscire con i suoi amici, lo porta con sè ad una festa. Tuttavia la sua emancipazione rimane frustrata, egli non riesce a sentirsi "normale", questo psyco sessantottino ante litteram compie un nuovo sacrificio, uccide l'indifeso fratello Leone. Dal "matricidio propizio" al "fratricidio funesto". La sua parabola è in discesa, in caduta, muore ed è lasciato morire.
Che cos'è l'individuo, secondo quali meccanismi esso si "inquadra", si schematizza, cerca un'appartenenza nella coppia, nella famiglia, nella società, come, quando (se) questi equilibri sono saltati definitivamente?

Simboli, personaggi, ambienti, parole, dialoghi, sguardi, miriadi di motivi avanzano la necessità di essere interpretetati, bussano alla porta "in cerca d'autore": mai un'opera prima ha stupito tanto; raramente un'opera ha racchiuso in sè il proprio senso storico senza mai sfiorarlo: i rapporti "sanguigni" e "sanguinari", gli ambienti claustrofobici e labirintici, l'individuo nevrotico e epilettico, l'incomunicabilità (la madre cieca) e l'omicidio tra passato e presente, tra cultura e "rivoluzione culturale", il sogno borghese e l'aspirazione a cogliere la sfida della "normalità" seppur nella mediocrità; tutto questo nel macrocosmo individuale/microcosmo sociale: la famiglia.
Tutto questo in un'opera simbolicamente barocca, ma esteticamente minimalista e sobria, condita di suoni provenienti dall'eterna e infinita mano di Ennio Morricone.
Si ritiene a torto o a ragione che "I pugni in tasca" sia un sogno premonitore del movimento del '68, un'anteprima su una rivoluzione non nel suo aspetto politico, ma nel suo aspetto ambientale: l'individuo che scalcia nell'utero claustrofobico delle proprie certezze, aprendo varchi di luce sì, ma inquietanti.

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