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domenica 26 febbraio 2012

THIS MUST BE THE PLACE


THIS MUST BE THE PLACE - TALKING HEADS (SPEAKING IN TONGUES - 1983)

Home is where I want to be
Pick me up and turn me round
I feel numb - burn with a weak heart
(so I) guess I must be having fun
The less we say about it the better
Make it up as we go along
Feet on the ground
Head in the sky
It’s ok I know nothing’s wrong nothing

Hi yo I got plenty of time
Hi yo you got light in your eyes
And you’re standing here beside me
I love the passing of time
Never for money
Always for love
Cover up + say goodnight say goodnight



DI: PAOLO SORRENTINO - 2011

La trama? Il personaggio? Cercateli, forse li troverete. Nel frattempo godetevi ogni inquadratura ogni suono, ogni sguardo; tentate come me di rimanere seduti sulla vostra sedia da spettatori e resistere alla tentazione di saltare nello schermo per toccare con la punta delle dita quella perfezione formale e camminare insieme a Cheyenne sulle note di David Byrne. La morale? Probabilmente pleonastica. L'esistenza di un individuo "esemplare" come punto di fuga dei molteplici significati che ciascuno attribuisce alle proprie scelte e il peso che ciascuno si porta dietro negli anni, la negazione dei passi obbligatori dettati dal tempo della propria vita.
Dov'è il problema? Il tempo che passa senza che ce ne accorgiamo? Ritrovarsi a dire "ormai è fatta" e ricordarsi di un giorno in cui si diceva "farò così", un giorno che sembra troppo vicino, e probabilmente lo è. Non aver avuto il tempo di vendicarsi, di liberarsi dal peso che grava sulla nostra anima. Non aver sentito in tempo l'esigenza di avere un figlio e ritrovarsi vecchi e fottuti. Aver rinunciato a qualcosa o qualcuno per vigliaccheria. Ma allora il problema non è il tempo, siamo noi. Eppure bastava una piccola intuizione come mettere le ruote sotto una valigia. Ma perché non ci ho pensato prima?
Senza nulla togliere alla "This must be the place" di David Byrne, ho amato la versione naïf di Tommy (ma è una cover di Daniel Johnston!?)



mercoledì 22 febbraio 2012

L'ONDA: IL TOTALITARISMO COME MALATTIA AUTOIMMUNE


DI: DENNIS GANSEL
(Germania, 2008)

Tratto dal romanzo omonimo di Todd Strasser, a sua volta liberamente ispirato ad un fatto di cronaca, "L'onda" è il risultato convincente di una volenterosa operazione pedagogica: insegnare la natura ciclica della Storia attraverso la messa in atto dei caratteri che danno corpo alla deriva dittatoriale. In una scuola tedesca il poco ortodosso prof. Reiner dopo aver perso la possibilità di tenere un corso sull'Anarchia a lui filosoficamente congeniale, deve ripiegare sul corso di Autarchia, tema apparentemente superato e abusato nelle scuole tedesche e non solo. Anche gli studenti del prof. Reiner sembrano piuttosto perplessi sulla validità del tempo speso ad a discutere dell'argomento. Che senso ha parlare ancora di regimi dittatoriali? La storia ha definitivamente spazzato via la possibilità che si ripetano le condizioni per la rinascita di un'onda dittatoriale. Nazionalismo, fanatismo, razzismo, intolleranza, censura, violenza, sono macchie che appartengono al passato. Ma il docente non sembra esserne convinto e vuole dimostrarlo alla propria classe. Avvia l'ipotesi di trasformare per una settimana l'aula in un laboratorio di autarchia, proponendo se stesso come leader e stabilendo rigide regole disciplinari e comportamentali. Ma tutti presto perderanno il controllo della situazione e la disciplina, il gruppo, il codice stabilito in aula diventerà un delirio collettivo, foriero di entusiasmi fascisti difficili da fermare. L'esperimento avrà esiti inattesi e drammatici.
Il fanatismo fascista sembra essere etichettato in questo film come una sorta di virus, un'infezione collettiva, una malattia capace di trasformare la natura umana e produrre una momentanea e subitanea sospensione della ragionevolezza, peraltro alimentata dall'illusione di appartenere ad un corpo, avere peso, dimenticando gli altri e il profondo significato della libertà. Se durante il corso di autarchia impariamo che l'autoritarismo produce una collettività che si forma e si sostiene su una profonda solitudine morale e sull'egoismo, è la contrapposta anarchia (termine che non casualmente sta sempre lì a fare da contrappeso) che dovrebbe fondare una collettività reale basata sulla profonda consapevolezza di sé, come singolo, benché spesso solo.



venerdì 10 febbraio 2012

Omaggio| Bertolt Brecht



Buon compleanno.

[nato ad Augusta il 10 febbraio 1898, dopo essere stato costretto a lasciare Berlino in seguito al rogo del Reichstag e alla presa del poter da parte di Hitlervisse a lungo in esilio spostandosi di frequente da una parte all'altra dell'Europa e giungendo, infine, in California, dove visse per cinque anni nel tentativo di entrare nel sistema hollywoodiano. Non fu una bella esperienza].



"Ogni giorno per guadagnarmi
il pane
vo al mercato dove si comprano
menzogne
pieno di speranza
mi metto in fila tra i venditori".
B. Brecht, Elegie di Hollywood