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lunedì 1 marzo 2010

Gianluigi Toccafondo

Gianluigi Toccafondo, artista versatile, poetico, che ha fatto della propria arte, del proprio "tocco" un modello delle possibili applicazione dell'arte alle esigenze del mercato contemporaneo. Collaboratore della Fandango (logo, sigla), curatore di campagne pubblicitarie (Sambuca Molinari), sigle televisive (Tunnel), aiuto regista (Gomorra), è uno straordinario manipolatore di immagini in movimento che mantengono un legame fondamentale e irrinunciabile con la Pittura e dunque con l'universo in cui ha forgiato il proprio talento:

«Quando disegnavo, prima di fare animazione, non usavo mai questi allungamenti, questo modo di elaborare l’immagine. Ho iniziato a farlo solo quando si è aggiunto il movimento. Queste deformazioni non sono mai dovute a motivi estetici evidenti su un singolo foglio di carta, ma servono per enfatizzare un movimento, per esagerare e sottolineare delle forme che nel movimento cambiano e si trasformano. Mi affascinano le deformazioni dei corpi. Che è poi quello che faceva mio padre, quando lavorava la ceramica al tornio: spesso erano più affascinanti le forme intermedie del risultato finale, perché nei passaggi intermedi apparivano delle forme strane, astratte, mentre magari il risultato finale era un semplice vaso».

Il mio omaggio a Toccafondo è un suo omaggio a Pier Paolo Pasolini Essere morti o essere vivi è la stessa cosa, un corto d'animazione realizzato in occasione del venticinquesimo anniversario della morte di Pasolini, parte di una serie di cortometraggi presentati al festival del cinema di Berlino, tra cui i lavori di Davide Ferrario La rabbia, e di Ciprì e Maresco Arruso.



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«Mi piaceva l’idea di dare il senso della poesia che nasce da due righe e viene poi rielaborata in immagine. Comunque sono solo delle tracce, e il mio film è fatto appunto di questo, di elementi appena accennati, con intento assolutamente poetico e non narrativo. È un piccolo omaggio, un barlume».


In opposizione l'omaggio a Pasolini di Ciprì e Maresco, che con una scelta antiretorica e anticelebrativa sconfinano nella lettura critica dell'opera pasoliniana in generale, nelle sue straordinarie qualità intellettuali, nel suo scontro drammatico con una società troppo lenta o troppo veloce.