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venerdì 7 ottobre 2011

OFFSIDE: VENGO ANCH'IO!



DI: JAFAR PANAHI - IRAN - 2006


Vincitore dell'Orso d'Argento a Berlino nel 2006, Offside dell'iraniano Panahi compare nelle sale italiane soltanto nel 2011, e in un momento non proprio felice per il suo autore, condannato a 6 anni di carcere nel dicembre del 2010 per opposizione al regime (rilasciato su cauzione nel maggio del 2011). Il film è completamente intriso della personalità politica del suo autore e della sua capacità di tratteggiare la società con un lieve ed efficace colpo d'occhio. Il "neorealista" Panahi contamina film e documentario e gioca con la realtà effettuale come fosse finzione, decidendo di ambientare il suo film nella realtà di una caotica e straordinaria giornata: quella della partita tra Iran e Bahrain, sfida decisiva per le qualificazioni ai mondiali di calcio di Germania 2006. Tutti gli uomini, di tutte le età, sono in fermento, gli autobus corrono verso lo stadio, è un delirio assordante di clacson e di cori dei tifosi immersi in una scenografia di sciarpe, bandiere e cappellini. Ma il vero fermento è sotterraneo, è il "gentile" fermento delle escluse. Una ragazza (mal) travestita da uomo se ne sta in silenzio seduta sul pullman che la porterà allo stadio, questa volta, è convinta, ce la farà ad entrare... correrà il rischio di essere beccata dalle guardie, ma lei lo sa come deve fare, ha sentito di altre ragazze che ce l'hanno fatta. Ma non ce la farà. E come lei anche altre ragazze verranno beccate. Perché le donne in Iran non possono entrare allo stadio, è una questione di buoncostume. Così mentre la realtà della partita fa il suo corso, le sfortunate ragazze, chiuse in un recinto, sono bandite da quella realtà, impossibilitate ad avere un contatto con essa. E insieme a loro lo spettatore. Panahi bandisce dallo schermo le immagini della realtà-partita per mostrare il desiderio di realtà che scuote i corpi e gli animi di giovani tifose, decise ad ascoltare le ragioni di un'esclusione che non riescono a comprendere, ragioni che nessuno è in grado di sostenere con convinzione.
Il calcio ha sempre avuto una certa vocazione "politica", una determinata capacità di assorbire malumori e tensioni, farsi speranza di riscatto da fallimenti pubblici e privati, fornire la giustificazione ad un'amicizia iniziata da 5 minuti o la possibilità di urlare senza sentirsi nevrotici; e non può dirsi un caso che anche qui, si scelga una metafora calcistica per dire di una società, di un sistema, in cui spesso si lotta per le cose più semplici, forse quelle più vicine, più "comprensibili", quelle cose senza le quali si può vivere, ma proprio non si vuole farlo.