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venerdì 28 dicembre 2012

OMAGGIO| GUY DEBORD


In girum...

[Nato il 28 dicembre 1931 a Parigi, cofondatore nel 1857 dell'Internazionale Situazionista è autore del saggio La società dello spettacolo, pubblicato per la prima volta a Parigi nel novembre del '67 presso l'editore Buchet-Castel, iniziò a diffondersi durante i disordini del '68 diventando un libro di culto di circolazione sotterranea. Più tardi, nel 1973 uscirà il film omonimo girato con la tecnica del détournement, consistente nel riutilizzo e nel montaggio di immagini già esistenti ma con un significato "deviato", in un'accumulazione di spettacoli decontestualizzati dal loro significato originario; privo di sceneggiatura, attori, personaggi, e di tutti gli ingredienti necessari alla costruzione di un film, La società dello spettacolo è la negazione palese di sé come prodotto, come merce da sottoporre alla visione di uno spettatore/consumatore, un flusso di immagini (estraniate ed estranianti) e parole, sovrapposte, apparentemente divergenti, un coltello piantato nella schiena dello spettatore. Il film è in altre parole l'affermazione di un nuovo concetto di cinema: un'arma contro il cinema stesso.  L'operazione era già stata attuata, in modo radicale e direi definitivo, con il primo lungometraggio, realizzato nel 1952, Hurlements en faveur de Sade, completamente privo di immagini; l'unico supporto ai dialoghi è costituito dalla colonna sonora. Tali dialoghi vengono proiettati su uno schermo totalmente bianco ed hanno una durata totale non superiore ai 20 min, peraltro dispersi a frammenti in un'ora di silenzio. Durante i silenzi lo schermo è nero. La prima proiezione, com'era prevedibile (immaginatevi di andare al cinema e trovarvi davanti a uno schermo bianco - o nero - che scorre su un dialogo delirante) venne interrotta immediatamente e con violenza dei membri del cineclub stesso*. Nel '78 uscirà In girum imus nocte et consumimur igni, il cui titolo, un polindromo latino, sta lì a suggerire una circolarità che nega la pretesa linearità della letteratura e dell'arte, la pretesa di capire e di concludere, di mettere un punto, una FINE: l'arte è aperta, come la vita. Una provocazione, un gioco? Un serissimo tentativo di sovvertire le regole dello spettacolo? Una premonizione? Cos'è Facebook, per esempio, se non un'accumulazione di immagini e parole decontestualizzate dal loro significato originario e ripubblicate, piegate a significati nuovi; forse facebook è il regno del détournement situazionista o forse molti utenti di facebook sono irrimediabilmente ammalati di disonestà intellettuale, e mortalmente infettati dalla pratica del copia e incolla. Difficile dare una risposta unica e definitiva; certo è che le opere di Debord si possono collocare tra i momenti più rivoluzionari e seminali della storia del cinema e non solo (Blob di Ghezzi ne è la manifestazione più palese). Contro il cinema e attraverso il cinema Debord formula una precisa e precoce diagnosi sulla società capitalistica dominata dallo strapotere dell'industria dello spettacolo. Egli fonda la sua analisi a partire dal Capitale di Marx: il marxismo come metodologia, attualizzato alle esigenze del presente e del futuro. Debord muore suicida nel 1994: si sparò un unico colpo di fucile al cuore].


Portrait of Karl Marx by Guy Debord
"Quanto più la necessità viene ad essere socialmente sognata, tanto più il sogno diviene necessario. Lo spettacolo è il cattivo sogno della società moderna incatenata, che non esprime in definitiva se non il suo desiderio di dormire. Lo spettacolo è il guardiano di questo sonno"

"Lo spettacolo, compreso nella sua totalità, è nello stesso tempo il risultato e il progetto del modo di produzione esistente. Non è un supplemento del mondo reale, la sua decorazione sovrapposta. È il cuore dell'irrealismo della società reale. In tutte le sue forme particolari, informazione o propaganda, pubblicità o consumo diretto di distrazioni, lo spettacolo costituisce il modello presente della vita socialmente dominante. Esso è l'affermazione onnipresente della scelta già fatta nella produzione, e il suo consumo conseguente. Forma e contenuto dello spettacolo sono entrambe l'identica giustificazione totale delle condizioni e dei fini del sistema esistente. Lo spettacolo è anche la presenza permanente di questa giustificazione, in quanto occupazione della parte principale del tempo vissuto al di fuori della produzione moderna"
Guy Debord, La società dello spettacolo, 1967.

...sempre alla ricerca di nuovi significati...la pagina merita di essere chiusa così:

                                           A REPRENDRE DEPUIS LE DEBUT


I film citati:
http://www.youtube.com/watch?v=fJvFOUU6QS4

http://www.youtube.com/watch?v=XDupGWRp_Z4

http://www.youtube.com/watch?v=c5Si6cTE_n8

*Cfr: G. Debord, Schede tecniche, in G. Debord, Contre le cinéma, Institute scandinave de vandalisme comparé, Aarhus, Danimarca 1964.

mercoledì 21 novembre 2012

Incontrerai l'uomo dei tuoi sogni?


Certo non avrete molti problemi, voi, care, non troppo tenere trentenni [ (quelle col 3 davanti a ogni anno più odioso numerino scassac..zo) a riconoscervi nelle tristi disavventure familiari della povera Sally. E lo perdoniamo il papà* che dopo una certa inizia a impazzire e a voler fare mille cose, e siamo felici che si sia dato allo sport, siamo stupite che voglia vivere come un ragazzino, ma ci fa incavolare l'ormone che tira fuori la testa dal sacco e induce il nostro papi a provarci con le ragazzine. E la perdoniamo la mamma* che (dopo una vita impegnata a rompere i c. senza tregua e senza rimorsi) deve ripensare a se stessa a 70 anni, le perdoniamo di piombarci in casa senza avvisare, perché in fondo lo sappiamo...lei ci vuole tanto bene! E le perdoniamo la nuova e violenta ondata di fede per questa o quell'altra falsificazione soprannaturale dell'esistenza. E perdoniamo pure il nostro compagno* per le sue frustrazioni e le sue ossessioni, ma non gli perdoniamo di aver notato il nostro arrivo solo perché c'è stato un movimento d'aria nella stanza. Che diamine. Poi arriva lui. L'uomo dei nostri sogni*. Ci svegliamo con quell'aria da bambine in festa e usciamo con i pattini ai piedi, i capelli al vento e il pane caldo in mano. E vai con le speranze! E vai con le torri alzate sui castelli costruiti sopra i grattaceli sospesi su Laputa...siamo pronte per essere felici. E no. Lui ti guarda con la faccia tipica del paziente sul lettino del dentista. Lo colpiresti al volto con quel maledetto faretto, lui e il destino.
E intanto [ maybe ] tutti intorno a te stanno bene seduti nella sala d'aspetto delle illusioni. 


*tri tri tri/ fru fru fru/ ...lasciatelo divertire poveretto/ queste piccole corbellerie sono il suo diletto (Aldo Palazzeschi)
**naturalmente vi amo (me) 

giovedì 15 novembre 2012

Holy water: chimici miracoli.



di Tom Reeve, 2009.

Quattro sfigati. Hanno davvero una vita da cani. Peggio. Senza lavoro, senza soldi. Senza una donna. Inchiodati in una merda di villaggio abitato solo da vecchi che non fanno altro che parlare di essere vecchi...e della morte che presto se li verrà a prendere. Oh mio dio! Troppo patetico per essere triste...Hanno bisogno di fare qualcosa...qualsiasi cosa. Anche rubare un carico di Viagra da rivendere poi ad Amsterdam. Presi dal panico, con la polizia alle calcagna, tra mille ripensamenti e mille imprevisti nasconderanno il bottino nel luogo più impensabile e più sacro del villaggio, il pozzo d'acqua  della Madonna. Non sarà certo un piano contrabbandistico da manuale o un furto alla Lupin, ma l'idea sarà malgrado tutto un "colpo" miracoloso. Con la più grande delle smentite...i santi non sono poi così contrari alla libido!

Naturalmente la Pfizer, casa farmaceutica proprietaria del Viagra, prodotto che è innegabilmente il protagonista - sebbene sotterraneo - del film, non mancò di esplicitare il proprio disappunto nei confronti dell'immagine frivola fornita al proprio prodotto, ribadendo la natura serissima del medicinale. Sarà vero?

mercoledì 7 novembre 2012

20 NOVEMBRE 2008


Conto.
Diciannove, diciotto, diciassette, sedici, quindici, quattordici...
ottobre, settembre, agosto, luglio, giugno, maggio, aprile...
anno 2008, da dimenticare.
Tutto da rifare.
Tutto da capire e superare.
Torno indietro.
Guardo.
Vedo davanti me stessa in attesa;
in attesa di poter partire,
ma per andare dove?
Senza un percorso, senza una meta.
Cerco una soluzione alla mia esistenza aggomitolata.
Indago.
La mia vita mi sussurra e grida, cerca di dirmi qualcosa?
Sono io a credere di non voler ascoltare?
C'è davvero qualcuno che sta parlando?
E di cosa poi?
Esco.
Hic et nunc.
Questa sarà la volta giusta in cui correrò verso il futuro afferrandolo con le dita di una ragazzina.
2008, 2009, 2010, 2011, 2012...e ancora 2008.

[Uno scritto ritrovato in un mucchio di appunti di quattro anni fa. Eppure qualcosa è cambiato...Eppure tutto è uguale!]



mercoledì 31 ottobre 2012

10 FILM DEL TERRORE...(O QUASI)


...per sopravvivere alla notte di Halloween

Se anche voi come me non amate le feste in maschera, siete un po' troppo cresciuti per il terrificante (!) "dolcetto o scherzetto", troppo paurosi per un giro turistico al cimitero...ma immancabilmente in cerca di una scusa per vedere un buon film "d'occasione"...siete nel posto giusto al momento giusto...

Vampiri, streghe, zombie, fantasmi ... urla, incubi, risate, apparizioni e spaventi per la notte più tetra che c'è!

Fracchia contro Dracula, Neri Parenti - 1985 


Per favore, non mordermi sul collo, di R. Polanski -1967

Le folli notti del dottor Jerryll, di Jerry Lewis

L'alba dei morti dementi, di Edgar Wright - 2004

Vampiri amanti
, di R. W. Baker - 1971

Basket case, di F. Henenlotter - 1982


Shock - Transfert suspence hypnos, di Mario Bava - 1977

Carrie: lo sguardo di Satana, Brian de Palma, 1976        
                                                
[REC] di J. Balaguero, P. Plaza - 2007



giovedì 18 ottobre 2012

SONETTO DEL CHE FARE E CHE PENSARE


Punti interrogativi, che relativi, gruppi interiettivi, mah di mah, pensieri, dubbi, negazioni, mancanze. Geniale.

Sonetto del che fare e che pensare [XI degli Ipersonetti di Il Galateo in Bosco, 1978]
di Andrea Zanzotto [Pieve di Soligo, 10 ottobre 1921, Conegliano, 18 ottobre 2011]

«Che fai? Che pensi? Ed a chi mai chi parla?
Chi e che cerececè d’augèl distinguo,
con che stillii di rivi il vacuo impinguo
del paese che intorno a me s’intarla?

A chi porgo, a quale ago per riattarla
quella logica ai cui fil m’estinguo,
a che e per chi di nota in nota illinguo
questo che non fu canto, eloquio, ciarla?

Che pensi tu, che mai non fosti, mai
né pur in segno, in sogno, di fantasma,
sogno di segno, mah di mah, che fai?

Voci d’augei, di rii, di selve, intensi
moti del niente che sé a niente plasma,
pensier di non pensier, pensa: che pensi? 







 
Che fai? Che pensi?»: questo celebrato inizio di un sonetto del Canzoniere
ne è forse la parola portante, rivolta dal poeta a sé, all’alterità, a tutto.
L’esperienza del Canzoniere si risolve in questi interrogativi che possono avere
mille risposte ma sono destinati a rientrare in un’unica non-risposta
un autocommento di Zanzotto nel saggio su Petrarca, mentre parla del componimento n° 273 del Canzoniere...

Che fai? Che pensi? che pur dietro guardi
nel tempo, che tornar non pote omai?
Anima sconsolata, che pur vai
giungnendo legne al foco ove tu ardi?

5Le soavi parole e i dolci sguardi
ch’ad un ad un descritti et depinti ài,
son levati de terra; et è, ben sai,
qui ricercarli intempestivo et tardi.

Deh non rinovellar quel che n’ancide
10non seguir piú penser vago, fallace,
ma saldo et certo, ch’a buon fin ne guide.

Cerchiamo ’l ciel, se qui nulla ne piace:
ché mal per noi quella beltà si vide,
se viva et morta ne devea tôr pace.

domenica 26 febbraio 2012

THIS MUST BE THE PLACE


THIS MUST BE THE PLACE - TALKING HEADS (SPEAKING IN TONGUES - 1983)

Home is where I want to be
Pick me up and turn me round
I feel numb - burn with a weak heart
(so I) guess I must be having fun
The less we say about it the better
Make it up as we go along
Feet on the ground
Head in the sky
It’s ok I know nothing’s wrong nothing

Hi yo I got plenty of time
Hi yo you got light in your eyes
And you’re standing here beside me
I love the passing of time
Never for money
Always for love
Cover up + say goodnight say goodnight



DI: PAOLO SORRENTINO - 2011

La trama? Il personaggio? Cercateli, forse li troverete. Nel frattempo godetevi ogni inquadratura ogni suono, ogni sguardo; tentate come me di rimanere seduti sulla vostra sedia da spettatori e resistere alla tentazione di saltare nello schermo per toccare con la punta delle dita quella perfezione formale e camminare insieme a Cheyenne sulle note di David Byrne. La morale? Probabilmente pleonastica. L'esistenza di un individuo "esemplare" come punto di fuga dei molteplici significati che ciascuno attribuisce alle proprie scelte e il peso che ciascuno si porta dietro negli anni, la negazione dei passi obbligatori dettati dal tempo della propria vita.
Dov'è il problema? Il tempo che passa senza che ce ne accorgiamo? Ritrovarsi a dire "ormai è fatta" e ricordarsi di un giorno in cui si diceva "farò così", un giorno che sembra troppo vicino, e probabilmente lo è. Non aver avuto il tempo di vendicarsi, di liberarsi dal peso che grava sulla nostra anima. Non aver sentito in tempo l'esigenza di avere un figlio e ritrovarsi vecchi e fottuti. Aver rinunciato a qualcosa o qualcuno per vigliaccheria. Ma allora il problema non è il tempo, siamo noi. Eppure bastava una piccola intuizione come mettere le ruote sotto una valigia. Ma perché non ci ho pensato prima?
Senza nulla togliere alla "This must be the place" di David Byrne, ho amato la versione naïf di Tommy (ma è una cover di Daniel Johnston!?)



mercoledì 22 febbraio 2012

L'ONDA: IL TOTALITARISMO COME MALATTIA AUTOIMMUNE


DI: DENNIS GANSEL
(Germania, 2008)

Tratto dal romanzo omonimo di Todd Strasser, a sua volta liberamente ispirato ad un fatto di cronaca, "L'onda" è il risultato convincente di una volenterosa operazione pedagogica: insegnare la natura ciclica della Storia attraverso la messa in atto dei caratteri che danno corpo alla deriva dittatoriale. In una scuola tedesca il poco ortodosso prof. Reiner dopo aver perso la possibilità di tenere un corso sull'Anarchia a lui filosoficamente congeniale, deve ripiegare sul corso di Autarchia, tema apparentemente superato e abusato nelle scuole tedesche e non solo. Anche gli studenti del prof. Reiner sembrano piuttosto perplessi sulla validità del tempo speso ad a discutere dell'argomento. Che senso ha parlare ancora di regimi dittatoriali? La storia ha definitivamente spazzato via la possibilità che si ripetano le condizioni per la rinascita di un'onda dittatoriale. Nazionalismo, fanatismo, razzismo, intolleranza, censura, violenza, sono macchie che appartengono al passato. Ma il docente non sembra esserne convinto e vuole dimostrarlo alla propria classe. Avvia l'ipotesi di trasformare per una settimana l'aula in un laboratorio di autarchia, proponendo se stesso come leader e stabilendo rigide regole disciplinari e comportamentali. Ma tutti presto perderanno il controllo della situazione e la disciplina, il gruppo, il codice stabilito in aula diventerà un delirio collettivo, foriero di entusiasmi fascisti difficili da fermare. L'esperimento avrà esiti inattesi e drammatici.
Il fanatismo fascista sembra essere etichettato in questo film come una sorta di virus, un'infezione collettiva, una malattia capace di trasformare la natura umana e produrre una momentanea e subitanea sospensione della ragionevolezza, peraltro alimentata dall'illusione di appartenere ad un corpo, avere peso, dimenticando gli altri e il profondo significato della libertà. Se durante il corso di autarchia impariamo che l'autoritarismo produce una collettività che si forma e si sostiene su una profonda solitudine morale e sull'egoismo, è la contrapposta anarchia (termine che non casualmente sta sempre lì a fare da contrappeso) che dovrebbe fondare una collettività reale basata sulla profonda consapevolezza di sé, come singolo, benché spesso solo.



venerdì 10 febbraio 2012

Omaggio| Bertolt Brecht



Buon compleanno.

[nato ad Augusta il 10 febbraio 1898, dopo essere stato costretto a lasciare Berlino in seguito al rogo del Reichstag e alla presa del poter da parte di Hitlervisse a lungo in esilio spostandosi di frequente da una parte all'altra dell'Europa e giungendo, infine, in California, dove visse per cinque anni nel tentativo di entrare nel sistema hollywoodiano. Non fu una bella esperienza].



"Ogni giorno per guadagnarmi
il pane
vo al mercato dove si comprano
menzogne
pieno di speranza
mi metto in fila tra i venditori".
B. Brecht, Elegie di Hollywood

venerdì 20 gennaio 2012

MIDNIGHT IN PARIS




DI: WOODY ALLEN - 2011


Lo sceneggiatore statunitense Gil, aspirante romanziere è in viaggio a Parigi, la città dei suoi sogni, luogo ideale per cercare l'ispirazione e la giusta concentrazione che lo aiutino a concludere il suo romanzo. In teoria. In pratica il viaggio è un incubo ad occhi aperti. Gil si ritova accerchiato da una galleria di personaggi a lui incompatibili: la futura moglie Inez si divide tra lo shopping per il matrimonio, il pedante pseudo-intellettuale amico/amante, la discoteca, ed ogni forma di negazione rispetto ai desideri del suo compagno; i suoceri che mal sopportano la sua natura impacciata e ai loro occhi eversiva - comunista! - e che non mancano occasione per sabotare il matrimonio.  La magia di Parigi corre in soccorso a Gil, lo guida in un mondo "incantato", nel paese delle meraviglie, la materializzazione di tutti i suoi desideri: il fervore intellettuale ed artistico dei meravigliosi anni Venti, Hemingway, i coniugi Fritzgerald, Picasso, i surrealisti Man Ray, Bunuel, Dalì...Ma quello che Gil ha idealizzato come il tempo giusto in cui nascere, vivere e morire, è un tempo, come qualsiasi altro tempo, in cui le persone vivono con la testa all'indietro, guardando al passato con nostalgia, e vivendo il presente tra grandi gioie e piccole infelicità. Non esiste il tempo giusto se non nel presente. Gil ritrova la realtà per scoprire la grandezza di una scelta, la scelta di vivere il suo tempo, il suo "come" e il suo "dove".