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sabato 26 dicembre 2009

TAC: CORPI, LUCI, SUONI


TAC: torce/anatomiche/computerizzate
Mostra d'arte contemporanea di Mariagrazia Merola.
28|12
22|00
Thermopolium wine bar Gioi|SA


Nel corso della storia dell'uomo, il corpo ha avuto un ruolo decisivo e peculiare nell'indagine autoreferenziale ed auto-riflessiva che ogni cultura compie su se stessa. Il prodotto artistico-intellettuale che ne deriva può essere classificato in due grossi ceppi: da una parte culture che, sviluppatesi in momenti di forte attenzione alla sfera fisica e sensoriale, legata all'egemonia/vocazione materialistica e immanente, hanno mostrato se stesse col tramite di linguaggi artistici volti all'esaltazione della materia e dei sensi, linguaggi che hanno di volta in volta esaltato la virilità, invocato le forze della natura, esorcizzato l'instabilità legata al flusso delle stagioni, del clima, ecc.; dall'altra culture che, sviluppatesi nei momenti di involuzione della sfera materialistica -momenti che occupano una parte massiccia della storia del mondo occidentale- legati alla proiezione in una sfera altra, alla costruzione di una sovrastruttura spirituale, idealistica, fortemente etica, implicano lo svilimento e la negazione del corpo, additano alla carne come peccato, e inducono, nei sempre numerosi ortodossi, al desiderio del dolore e all'umiliazione fisica.

Il corpo umiliato, represso, censurato, ma anche il corpo desiderato, spiato, svelato.

Corpo/riflesso, ora idealizzato nelle carni di una madonna, ora svilito dal martirio di un santo, quando definito dalle viscere delle fame e della malattia, quando serializzato nella mischia delle battaglie... fonte di ispirazione e metafora dell'uomo stesso, corpo/segno/matrice fa carriera e acquista una posizione manageriale sia nella sfera privata, che nella sfera pubblica: se il rapporto con il corpo è un rapporto di disambiguazione della sfera psicologica dell'individuo o del gruppo (masochismo, sadismo, castrazione, violazione, bulimia, anoressia, culturismo, travestitismo, ecc.) o di un'epoca, quali strumenti, quali segni, quali percorsi tracciare sul corpo contemporaneo?
Il corpo contemporaneo trasfigurato in immagine è un corpo di negazione di senso, un corpo “ansioso”, “creato”, plasmato da una ribellione al senso comune; le vie catodiche affollate di corpi/enigmi da decifrare; vie affollate dalla ricerca di un sempre più massiccio intervento sul proprio corpo, un intervento che corrisponde ad un'auto-trasfigurazione, o, all'opposto, ad un'ossessiva ricerca di omologazione.
Quale subscriptio attribuire al corpo/segno che si mostra muto, indefinibile?
Recuperare un contatto carnale, ricercare un trait d'union tra uomo e donna, donna e natura, sesso e amore, pubblico e privato (antitesi inasprite e diventate insanabili nella guerra dei generi dell'epoca dei bipolarismi), diventa urgente e possibile solo a partire da una lucida analisi, da una plastica consapevolezza, da una sintetica rivisitazione della propria epoca, delle sue viscere, delle sue ossa, dei muscoli, luci e ombre, sottoposte alla impietosa radiografia e alla schietta retroilluminazione; insegne luminose che, in questo caso, non hanno nulla da vendere, semmai da suggerire, insieme alle argute intuizioni dello spettatore, da sussurrare quanto c'è di straordinario nei colori e nelle forme delle nostre esistenze, complicità, diversità e tristezze.

giovedì 10 dicembre 2009

Il mestiere del cinema e il cinema di mestiere.



Gli abbracci spezzati
di Pedro Almodovar, Spagna 2009


Storie tra loro apparentemente inconciliabili agli occhi dello spettatore, spezzoni, frammenti che presagiscono un contatto, sesso, amore, segreti sepolti...
Mateo, regista di successo incontra un'aspirante attrice, Lena, moglie di uno squalo della finanza, Ernesto Martel, il quale decide di produrre il film di Mateo in cui sua moglie avrà il ruolo di protagonista, incaricando inoltre il figlio Ernesto, aspirante regista, di girare un documentario sul set, dando sfogo alla propria ossessione per Lena.
Difficile stabilire la natura di questo film e la qualità della fattura, difficile orientarsi fra la tentazione (sensazione) del piacevole estetico-narrativo, dei colori, degli attori, della storia ben congegnata, magistralmente mostrata seppur dietro il velo dell'ordo artificialis; difficile accontentare le evidenti aspirazioni intellettualistiche dell'autore, cedendo al fascino della metafora sul cinema.
Il film riflette su se stesso, entrando nei meccanismi di produzione del film stesso, ed il film nel film contiene un'analisi ossessiva sul suo farsi catturata dalla telecamera di Ernesto, un personaggio-chiave che fa da collante tra i due mondi spazio-temporali, che ne chiarisce la natura tragica, esprime anche il punto di vista più lucido (documentaristico) sulla vicenda, che nell'intenzione dell'autore si pone come metafora della sua stessa vicenda autoriale, un flashback di natura estetica, ma anche una sottolineatura delle proprie ossessioni poetiche. Dunque la narrazione è costruita in modo apparentemente «di significato» ma realmente formalistico, quasi schematico: due uomini, uno cieco (letteralmente e metaforicamente), l'altro sordo (Ernesto ha bisogno di un'interprete per sapere cosa accade tra Lena e Mateo, nonostante abbia tutto sotto gli occhi), vengono utilizzati come reagenti con due donne, l'una amata e amante del protagonista, l'altra innamorata del protagonista e custode della memoria della sua storia; infine due ragazzi/figli, uno rifiutato l'altro ignorato.
Questi personaggi sono tali, o come l'autore vorrebbe far credere fantasmi del mestiere del cinema (Ernesto metafora della produzione sorda alle aspirazioni artistiche degli autori, Mateo cieco alle esigenze finali del cinema e della produzione)?
Burattinaio di questi esperimenti e combinazioni è Almodovar, che in epilogo ammette di non aver fatto altro che rimontare pezzi della sua carriera, frammenti della sua storia, come per riordinarla: è qui dunque il più massiccio aspetto formalistico del film, l'utilizzo del montaggio come tecnica manieristica, esposto come mezzo e come scopo tanto più che mediato da una spinta autoriflessiva.
Spezzoni, oggetti filmici spezzati e rimontati come a costruire la propria metafisica, citazioni e autocitazioni, Donne sull'orlo di una crisi di nervi e Viaggio in Italia, poste lì più per un'esigenza formalistica che per una coerenza interna all'opera; il film appare agire per accumulazione, ma l'abbraccio cervellotico-pirandelliano che l'autore tenta di stabilire tra sé, lo spettatore e la sua opera rimane spezzato, appagando, suo malgrado, l'aspettativa estetico-emozionale dello spettatore.

martedì 8 dicembre 2009

FUORI TRACCIA

stop pinkification


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Esco per la prima volta fuori traccia, tradisco la linea per dare voce ad una campagna di boicottaggio made in uk, un respiro esalato dal corpo comatoso della cultura femminista internazionale: nel mirino uno dei tanti stereotipi sul sesso femminile, il colore rosa.
Partecipo alla diffusione della campagna non tanto per il suo aspetto "curioso" quanto per un'esigenza di sostegno e condivisione dell'idea sostanziale che sottende all'iniziativa, della necessità di dare maggiore attenzione alla "crisi", all'involuzione della coscienza femminista a livello internazionale, anche attraverso aspetti apparentemente banali della questione. Il colore rosa in quanto portavoce di tutta una serie di valori, di delicatezza, di fragilità, diventa qui l'espediente per riaprire il dibattito sulla situazione culturale e sulla necessità di rivedere i criteri educativi utilizzati dalla società e dalle famiglie.