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martedì 5 maggio 2009

Divorzio all'italiana


Divorzio all'italiana

di Pietro Germi

Commedia, Italia (1962)


Fefè (Marcello Mastroianni), fascinoso e inquieto barone siciliano subisce la sua vita matrimoniale e familiare evadendo soprattutto nel capriccio di una nuova passione, l'amore per la splendida cugina sedicenne Angela (Stefania Sandrelli). Le giornate di questa virile Emma Bovary scorrono vuote e a tratti isteriche nell'insofferenza sempre più repressa per la baffuta moglie Assunta, nel disprezzo della sua voce e delle sue carni. Giornate ipocondriache trascorse vagheggiando un pretesto, una svolta. Un incontro fortuito con Angela gli svela che i suoi sentimenti sono corrisposti; Fefè riguadagna fiducia e spinge l'accelleratore del proprio destino.

Il suo progetto di “divorzio fai da te” nasce da un fatto di cronaca, dal processo ad una donna resasi colpevole di omicidio ai danni del marito infedele, esito: 6 anni di carcere grazie all'attenuante prevista dal codice penale in materia di delitti passionali. Fefè è pronto a tutto, al delitto e alla pena pur di liberarsi della moglie odiosa. Si procura gli ingredienti: l'amante (un uomo riemerso dal passato di Assunta), l'atto d'infedeltà e le prove (acquista un regitratore di suoni in seguito sistemato strategicamente nel salotto di casa). A questo punto l'atto omicida vero e proprio è legittimato ma anche inutile rispetto allo scopo iniziale di “divorziare”: la moglie e l'amante sono fuggiti senza lasciare traccia. Fefè a questo punto viene scaricato dal suo autore, il quale pare puntare il dito sul coro, sulla società che avviluppa l'individuo manovrato e mosso nelle scelte dal ricatto della riprovazione sociale. Da carnefice a vittima, Fefè è costretto a barricarsi in casa, additato come "cornuto" diventa vittima di scherno per tutto il villaggio, ripudiato dalla sua famiglia, è pressato socialmente a vendicarsi. La vendetta diventa ineluttabile, il costo è la riprovazione sociale.

Attraverso l' utilizzo dell'ironia, meccanismo consolidato nella commedia all'italiana, l'indagine filmica qui si fa realmente socio-antropologica: su un dagherrotipo caldo-afoso e un palcoscenico provvisto di coro al protagonista, viene rappresentata per immagini una delle pagine più nere e tipiche del costume italiano, addensate e metaforicamente evocate dal delitto d'onore,la regolamentazione di epidemie culturali basate su valori reazionari e criminali sublimati dalla secolarizzazione:

Codice Penale, art. 587
Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell'atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d'ira determinato dall'offesa recata all'onor suo o della famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni. Alla stessa pena soggiace chi, nelle dette circostanze, cagiona la morte della persona che sia in illegittima relazione carnale col coniuge, con la figlia o con la sorella.

Tanti potrebbero essere i suggerimenti di attualizzazione di questo fenomeno italiano che rende quanto meno discutibili i criteri legislativi, laddove il potere politico ha il "vizietto" di assecondare gli istinti sociali, che valgano il consenso.

Tali regolamentazioni sul delitto d'onore sono state abrogate con la legge n. 442 del 5 agosto 1981.

Film seminale per la commedia italiana, nell'ambientazione, nelle tematiche nel gusto per il grottesco; un esempio per tutti “Mimì metallurgico ferito nell'onore” di Lina Wertmuller.

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