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venerdì 27 settembre 2013

SESSO E SOCIALISMO...

...OVVERO METELLO
di Vasco Pratolini

Ci sono libri che fanno la storia e libri che non ha mai letto nessuno. Certi libri scompaiono nell'indifferenza generale, senza lasciare tracce così com'erano comparsi. Alcuni generano scalpori enormi quanto fugaci. Libri bruciati. dimenticati, regalati, persi. Ogni libro ha la sua storia di pochezza o di grandezza. Molte storie non valgono la pena. Oppure sì. E Metello, che non possederà per tutti tratti di grandezza, né il potere di segnare la memoria, non farà forse alzare cori unanimi di approvazione, è una storia che merita d'essere raccontata, tuttavia; qualsiasi cosa ne pensiate: non lo leggerete mai, forse sì, ci penserete.
Pubblicato da Vasco Pratolini nel febbraio del 1955, ideato come parte di una trilogia Una storia italiana, con la quale l'autore si proponeva di ripercorrere e raccontare la società italiana dalla fine dell'Ottocento agli '50 del Novecento (seguiranno Lo scialo, il secondo romanzo della serie pubblicato nel 1960, e il terzo, Allegoria e derisione, del '66). 
Pratolini scrittore e poeta, fu spesso al centro dell'attenzione critica dei suoi contemporanei, perché riuscì a cogliere nel segno delle trasformazioni in atto nella cultura italiana, alla ricerca di nuove forme di espressione, e affaccendata nel restyling delle noiosità dei linguaggi standardizzati. E con Metello certe ferite sanguinarono. 
"Una storia privata, semplice e oscura che s'inquadra nel processo di trasformazione della società" - recita pressappoco la presentazione al libro - la storia del muratore Metello e del suo percorso di formazione di una coscienza di classe conquistata progressivamente nell'ambito delle lotte sociali tra il 1875 e il 1902. Lotte sociali, politica e coscienza di classe, motivi per cui a molti non piacque, e ragioni per cui ad alcuni invece piacque. In un periodo in cui si parlava di realismo sovietico, tirando in ballo Lukàcs Gramsci e De Sanctis, come alternativa al dilagare della cronaca neorealistica, Metello arrivò a mettere scompiglio. La critica marxista si spaccò tra estimatori (Aristarco, Salinari) e detrattori (Muscetta), perché Metello passava troppo tempo alle riunioni o troppo poco, perché Metello stava troppo in camera da letto o troppo poco, perché per gli uni il sesso era un'arma di distrazione dalla lotta politica e per gli altri era invece il segno di una nuova maniera di affrontare il problema centrale della letteratura: il personaggio, indagato a 360°. La discussione, alla quale presero parte, tra gli altri, Carlo Bo, Giuseppe De Robertis, Enrico Falqui, Franco Fortini,va inquadrata nella grande stagione della critica italiana, una critica capace di assumere il ruolo di incoraggiamento e di sviluppo delle linee dell'arte, e, nel caso specifico, di indicare la direzione per un progetto autentico di arte realistica carica di valori civili, sociali e storici. Così se si va a spulciare bene tra le pagine delle riviste del tempo, è facile trovare Vasco Pratolini accanto al nome di Luchino Visconti. Quella sul Metello fu una diatriba speculare e sincronica alla polemica cinematografica intorno a Senso di  Visconti, per consonanza di argomentazioni, marxismo, neorealismo, realismo e controrealismo, a dimostrazione di quanto tedio regnasse nella cultura italiana dell'epoca, imprigionata tra il bozzettismo e la ripetizione martellante di personaggi/automi. E se fosse possibile stabilire verità assolute all'arte, la verità assoluta su Metello oggi sarebbe che, nonostante il tempo passato a letto e nel grembo delle ragazze piuttosto che nel grembo della storia, il nostro protagonista è comparso sulla soglia della storia della letteratura italiana, parlando simultaneamente al passato e al futuro dell'Italia pubblica e privata.

Un romanzo popolare, un classico della letteratura italiana ancora attuale.




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