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sabato 21 settembre 2013

PALAZZO DUCALE DI URBINO, CROCE E DELIZIA





Il Palazzo Ducale di Urbino, sede della Galleria Nazionale delle Marche, è stato giustamente definito come la cosa più bella del Rinascimento, una bellezza condivisibile sin dal primo sguardo anche da chi non sappia assolutamente nulla del Rinascimento: la “città in forma di palazzo” della celeberrima definizione di Baldassare Castiglione. Dopo aver pagato il biglietto (il cui prezzo può dirsi irrisorio, 5 euro, con tutte le riduzioni previste) gustato un buon caffè e recuperato il senso dell’orientamento tra i diversi ambienti del piano terra – dove gli spazi un po’ macchinosamente riutilizzati per la logistica e l’accoglienza sono mescolati con ambienti visitabili, come la biblioteca del duca e i sotterranei  – incontri le scale che ti porteranno al primo piano: il cuore del Palazzo. Il percorso “privato”, grossomodo tripartito tra il cosiddetto appartamento della Jole, gli appartamenti dei Melaranci e gli appartamenti del Duca e della Duchessa, è nello stesso tempo un percorso ideale attraverso la cronologia delle opere e del gusto dell’arte tra Medioevo e Barocco. Questa natura duplice del palazzo è il più grande omaggio possibile alla figura multiforme del Duca Federico, il pubblico e il privato, il condottiero e il mecenate d’arte.  La visita a Palazzo Ducale, sosta d’obbligo in un ipotetico e ideale viaggio nelle Marche, può essere davvero un’esperienza straordinaria, perché l’ingresso può trasformarsi in un viaggio nel tempo, in un sogno in cui il protagonista sei tu, ospite privilegiato di una visita negli appartamenti del duca Federico da Montefeltro. C’è un però.
Il visitatore, con la testa per aria, in giro tra gli ambienti del palazzo, potrebbe effettivamente perdersi il gusto della Galleria, e concentrarsi maggiormente su quella che è la dimensione privata del palazzo. Così, quello stesso visitatore, potrebbe rivivere l’esperienza tutt’altro che rara dell’ospite in visita nell’appartamento di un collega, una visita senza preavviso che inizia con la frase canonica “scusa il disordine”: perché di disordine si tratta. Le opere disposte con un criterio cronologico non sempre rispettato, ma manomesso frequentemente per l’improbabile rispetto di un ordine tipologico, di proprietà o paternità, sono disperse in modo variamente illuminato nelle diverse stanze dominate qui dall’horror vacui, dal minimalismo altrove. E non si può tacere dell’assoluta mancanza di gerarchia e di valorizzazione dei tanti capolavori presenti; fatta eccezione per la sala dedicata a Piero della Francesca  dove una “mostrazione” intima e l’illuminazione razionale della Flagellazione e della Madonna di Senigallia, rendono davvero unico il momento di raccoglimento del visitatore di fronte a due capolavori assoluti della storia dell’arte, il resto è buttato via senza un’evidente giustificazione alla stregua di ingombranti anticaglie che dobbiamo conservare per rispetto dei nonni defunti. Come si fa a perdonare l'assoluta "mancanza di rispetto" per  Il miracolo dell'ostia profanata di Paolo Uccello? Come si fa a intercettare la smembrata e trasferita biblioteca del Duca se è segnalata con la stessa cura della toilette? Cosa si può dire a questo punto alla maldestra proprietaria di casa? Il tuo appartamento è bellissimo, ma cerca di mettere ordine. Diversamente, chiama qualcuno che ti dia una mano. 

Serena Di Sevo


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