Il Palazzo Ducale di Urbino, sede della Galleria Nazionale
delle Marche, è stato giustamente definito come la cosa più bella del
Rinascimento, una bellezza condivisibile sin dal primo sguardo anche da chi non
sappia assolutamente nulla del Rinascimento: la “città in forma di palazzo” della
celeberrima definizione di Baldassare Castiglione. Dopo aver pagato il
biglietto (il cui prezzo può dirsi irrisorio, 5 euro, con tutte le riduzioni
previste) gustato un buon caffè e recuperato il senso dell’orientamento tra i
diversi ambienti del piano terra – dove gli spazi un po’ macchinosamente
riutilizzati per la logistica e l’accoglienza sono mescolati con ambienti
visitabili, come la biblioteca del duca e i sotterranei – incontri le scale che ti porteranno al
primo piano: il cuore del Palazzo. Il percorso “privato”, grossomodo tripartito
tra il cosiddetto appartamento della Jole, gli appartamenti dei Melaranci e gli
appartamenti del Duca e della Duchessa, è nello stesso tempo un percorso ideale
attraverso la cronologia delle opere e del gusto dell’arte tra Medioevo e
Barocco. Questa natura duplice del palazzo è il più grande omaggio possibile
alla figura multiforme del Duca Federico, il pubblico e il privato, il
condottiero e il mecenate d’arte. La visita a Palazzo Ducale, sosta d’obbligo in un ipotetico e
ideale viaggio nelle Marche, può essere davvero un’esperienza straordinaria,
perché l’ingresso può trasformarsi in un viaggio nel tempo, in un sogno in cui
il protagonista sei tu, ospite privilegiato di una visita negli appartamenti
del duca Federico da Montefeltro. C’è un però.
Il
visitatore, con la testa per aria, in giro tra gli ambienti del palazzo,
potrebbe effettivamente perdersi il gusto della Galleria, e concentrarsi
maggiormente su quella che è la dimensione privata del palazzo. Così, quello
stesso visitatore, potrebbe rivivere l’esperienza tutt’altro che rara
dell’ospite in visita nell’appartamento di un collega, una visita senza
preavviso che inizia con la frase canonica “scusa il disordine”: perché di
disordine si tratta. Le opere disposte con un criterio cronologico non sempre
rispettato, ma manomesso frequentemente per l’improbabile rispetto di un ordine
tipologico, di proprietà o paternità, sono disperse in modo variamente
illuminato nelle diverse stanze dominate qui dall’horror vacui, dal minimalismo
altrove. E non si può tacere dell’assoluta mancanza di gerarchia e di
valorizzazione dei tanti capolavori presenti; fatta eccezione per la sala
dedicata a Piero della Francesca
dove una “mostrazione” intima e l’illuminazione razionale della Flagellazione e della Madonna di Senigallia, rendono davvero
unico il momento di raccoglimento del visitatore di fronte a due capolavori
assoluti della storia dell’arte, il resto è buttato via senza un’evidente giustificazione alla stregua di ingombranti anticaglie che dobbiamo conservare per rispetto dei nonni defunti. Come si fa a perdonare l'assoluta "mancanza di rispetto" per Il miracolo dell'ostia profanata di Paolo Uccello? Come si fa a intercettare la smembrata e trasferita biblioteca del Duca se è segnalata con la stessa cura della toilette? Cosa si può dire a questo
punto alla maldestra proprietaria di casa? Il tuo appartamento è bellissimo, ma
cerca di mettere ordine. Diversamente, chiama qualcuno che ti dia una mano. Serena Di Sevo
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