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mercoledì 6 marzo 2013

MEMORIA DELLE MIE PUTTANE TRISTI



MEMORIA DELLE MIE PUTTANE TRISTI
Titolo originale, Memoria de mis putas tristes, 2004.

di Gabriel García Márquez
(Aracataca, Colombia, 6 marzo 1927)


Un solitario giornalista nel giorno del suo novantesimo compleanno decide di regalarsi una notte d'amore con un'adolescente vergine, scoprendosi innamorato per la prima volta nella sua lunga vita d'indifferente.

Uno dei più grandi misteri della storia dell'umanità non è cosa vogliono le donne, ma quando e come donne e uomini si decideranno a capire cosa vogliono davvero. E così a novant'anni ti ritrovi a fare i conti con la tua vita, accorgendoti di aver perso il conto e di non avere più il tempo per contare. Siamo tutti i giorni bombardati dall'urgenza di una conclusione qualsiasi ad un'impresa qualsiasi, nel vano tentativo di arrivare a una vaga felicità. Il nostro novantenne "Professor Mesto Colle", invece, non ha mai avuto alcuna urgenza, ma tutto nella sua vita è stato casuale e disinteressato, ogni scelta è stata guidata da un'indolenza per le conclusioni: non c'è stato nella sua vita alcun picco, non c'è stato nella sua vita alcun amore. Molte donne lo hanno amato accettando di essere pagate puntualmente, scontrandosi con la sua cecità o contro la porta chiusa del suo appartamento. Ma cosa c'è dietro questa apparente storia di pedofilia, dietro il racconto dello sprint finale di un anziano col piede nella fossa? Cosa c'è dietro ad una vita di risultati puntualmente dribblati? Due cose (maybe), il tempo e la libertà.
IL TEMPO. Quand'è che ci decidiamo ad amare realmente? Forse quando per noi il futuro è qualcosa di già scritto. Davanti a noi ci sono strade già segnate, sogni fatti di segni e di volti riconoscibili nella nostra realtà attuale. E non perché l'amore sia l'ennesimo egoismo, ma perché la nostra felicità è egoisticamente la condizione sine qua non dell'amore.
LA LIBERTÀ. Quand'è che ci decidiamo ad amare realmente? Forse quando accanto a noi giace un individuo sostanzialmente inconsistente, un individuo che non abbia su di noi alcun condizionamento, che non rompa il ritmo lento e inesorabile di una vita da cane randagio, cercando, magari, di impedirci di girare nudi per casa.
Il tempo e la libertà di essere chi siamo, inesorabilmente. Delgadina non è il pentimento sul letto di morte ma l'estremo gesto di conferma delle convinzioni di una vita, il simbolo e il suggello della sua intera esistenza: Delgadina è il tempo perché nella purezza della sua giovane età egli riversa la forza vitale che non può più esprimersi nel suo corpo; Delgadina è la libertà, perché è una puttana, perché è muta e non pretende niente, Delgadina è il tempo e la libertà di rimanere nel mondo, eternamente libero. E fanculo il letto di morte.

"Le cantai all'orecchio: Il letto di Delgadina da angeli è attorniato. Si rilassò un poco. Una corrente calda mi salì per le vene, e il mio lento animale in pensione si svegliò dal suo lungo sonno".

Serena Di Sevo

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