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lunedì 6 luglio 2009

Metablog: un blog passatista?

Riflettendo su un senso possibile, una direzione da dare a queste pagine "briganti" (senza professioni di falsa modestia, senza nascondere il punto di riferimento essenziale per ogni mia crescita stilistica e metodologica, sradico e mi approprio di un atteggiamento pasoliniano, contestualizzandolo però nella mia terra) realizzavo un fatto apparentemente sconcertante: i film che vedo, i film di cui scrivo, evidentemente non superano i primi sessanta anni di età del cinema!
Non era certo con tale approccio programmatico che ho iniziato la mia ricerca, disprezzo il cinema contemporaneo, ma prendo coscienza di questo fatto soltanto ora. In effetti la mia posizione risulta piuttosto isolata (probabilmente malata, volendo ossessiva): guardando, navigando tra i blog - non intendo certo generalizzare ma costruisco semplicemente il discorso sulle mie conoscenze attuali - traggo l'impressione di una malattia per il contemporaneo, uno sguardo presbite (contro il mio ipermetrope?) - che vede tutto (ma proprio tutto, senza scarti, senza scelte), ma nei limiti temporali di una settimana, un mese al massimo. Lo stesso dicasi ovviamente (come causa o come conseguenza) dei gusti del pubblico.
Ora mi chiedo, questi critici, anche ambiziosi, su quali basi fondano la propria ricerca e la propria essenza di esperti, senza la gavetta dei "padri"? Con quale criterio selezionano un'opera? Ha veramente senso scrivere una recensione di storie su una notte al museo o una vacanza alle Antille? Qual'è la funzione che attribuiscono all'azione dello scrivere? E se ho torto, perché ho torto, a giudicare il cinema come qualcosa di alto, di misterioso, una continua indagine nella storia della nostra epoca, ho anche ragione a tentare di sconfiggere il principio di cinismo che la storia ci richiede: la condanna di superficialità, di non catalogabilità del cinema nella rosa delle arti, come fatto essenziale della cultura della nostra epoca non può e non deve essere perseguito, non se questo avviene sulla scorta di giudizi basati su film, non su opere. Tale pretesa di giudicare il Cinema sulla base di un criterio cumulativo è concettualmente sbagliata. Che senso avrebbe in pratica parlare di letteratura, fondando un discorso critico sulla base di opere come le barzellette di "un calciatore" o il codice "Leonardo" le quali a mio parere non sono ascrivibili alla Letteratura ma al mercato della carta stampata. Analogamente che senso avrebbe parlare di Letteratura oggi, senza gettare mai un occhio ai classici di ieri?
E infine un momento di autocritica: l'interesse per il passato non può essere un fine feticistico, ma uno slancio, il fondamento per la comprensione del presente.

To be continued....

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