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giovedì 10 settembre 2009

Venezia/Svezia/Italia: Videocrazy di Erik Gandini

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Videocrazy
di Erik Gandini

Nell'ormai quotidiano attacco della stampa estera all'Italia e al suo Divo, presidente del consiglio Silvio Berlusconi, si insinua un inconsueto punto di vista esterno/interno, quello di un brillante documentarista italiano, Erik Gandini, che da qualche anno guarda alle faccende del "bel" paese con un cannocchiale spietato: la Svezia; Videocrazy ultimo documentario presentato nel contesto della Mostra del Cinema di Venezia, è il frutto di quello sguardo.




In attesa di vederlo e poter riportare un'impressione, esorcizzo la curiosità con un piccolo contributo all'inquadramento dell'autore, alla sua opera, soffermandomi in particolare sull'ottimo Surplus.
Infine posto alcune recensioni a Videocrazy dedotte dalla sezione dedicata al Festival del Cinema di Venezia su Repubblica.it.


Biografia: Nato a Bergamo nel 1967, si trasferisce in Svezia all’età di 18 anni dove vive tutt’ora. Il suo primo documentario, RAJA SARAJEVO realizzato nel 1994, narra la storia di un gruppo di giovani amici nella Sarajevo assediata. Il documentario è stato realizzato con una piccola telecamera hi-8 durante la guerra. Da allora Gandini ha realizzato documentari che hanno ottenuto numerosi riconoscimenti in ambito internazionale. NOT WITHOUT PRIJEDOR, 1996 AMERASIANS, 1998 SACRIFICIO-Who betrayed Che Guevara? 2001 SURPLUS-terrorized into being consumers 2003 Vincitore del Silver Wolf all’International Documentary Filmfestival di Amsterdam Il suo ultimo lavoro è GITMO-THE NEW RULES OF WAR, co-diretto con Tarik Saleh e presentato in anteprima all’IDFA di Amsterdam dove è stato inserito nelle prestigiose sezioni ”Joris Ivens” e Amnesty International Award. GITMO ha vinto il primo premio al Seattle International Film Festival 2006 ed il gran premio della giuria al Miami Film Festival 2006.

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Già vincitore di diversi premi internazionali con il suo doc/videoclip Surplus – Terrorized Into Being Consumers, in cui la società contemporanea viene mostrata e analizzata al ritmo dei battiti dello spettacolo del consumismo e dei meccanismi di potere. Le tematiche che sottendono ai movimenti no-global, le denunce rivolte alla gestione e al consumo folle delle risorse mondiali, denaro, inquinamento, il "caso" cubano (alter ego), sono in qualche modo incanalate nel flusso di un sostrato ideologico-filosofico, che non coincide necessariamente con quello dell'autore, ma che l'autore utilizza come chiave di lettura dell'oggetto in esame: parte massiccia del documentario è, infatti, occupata da un'intervista all'intellettuale anarchico John Zerzan, ideatore del "Primitivismo", considerato erroneamente come l'ispiratore dei Black Bloc, sulla scorta delle fondamenta e degli enunciati del proprio pensiero, che sostanzialmente propone un ritorno alla fase preistorica dell'uomo, all'età della pietra, una sorta di passo indietro, di azzeramento del processo di civilizzazione, visto come processo di distruzione del pianeta, e di allontamento dalla natura dell'uomo. "Come mai la gente cerca di protestare, di fare qualcosa? Non si tratta di violenza insensata. L'insensatezza è starsene seduti a farsi canne guardando Mtv, per poi trovre un lavoro, fare i pecoroni. Quella è violenza per me".
Il carattere irrazionale del sistema capitalistico, le sue contraddizioni sono denunciate in modo palese attraverso un montaggio/commento alla Debord, con l'accostamento di immagini riprese dalla realtà banale e quotidiana e nel contempo ufficiale, chiamate a rappresentare la welthanshaung del sistema che si sta sarcasticamante illustrando.



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Autore: Giacomo Vallati - Testata: Avvenire

(...) "Videocracy - Basta apparire" (...) nel tentativo di dimostrare che "Silvio Berlusconi ha creato un binomio perfetto, caratterizzato dall'unione fra politica e in trattenimento televisivo", è alla prova dei fatti molto poco "documentario". Pur partendo da non originali ma in larga rarte condivisibili considerazioni sul gusto spesso vacuo e volgare di molti programmi delle tv commerciali, non riesce alla fine ad approfondire in maniera davvero soddisfacente e originale il tema annunciato. Peggio: nel tentativo di farlo, dà ampio spazio proprio a quei criticabili personaggi che hanno contribuito al suddetto imbarbarimento (...) Alla fine, insomma, ci si trova con un lavoro a metà. Non abbastanza profondo per indagare davvero l'annunciato binomio (...) e non abbastanza originale per risultare un interessante operazione cinematografica, pur con la sua valenza militante. Rai e Mediaset hanno rifiutato gli spot del film. E in questo modo gli hanno dato un ulteriore valore politico. Ne valeva davvero la pena?

Autore: Paola Casella - Testata: Europa

Difficile immaginare che cosa uno spettatore scandinavo capirà dell'Italia contemporanea vedendo "Videocracy"(...) (perché) "Videocracy" sceglie una narrazione sommaria e per molti versi superficiale della cultura dell'apparenza e dell'apparire che ha caratterizzato l'Italia berlusconiana, quella nata (o raccontata?) con le tv private e gli spogliarelli di "Colpo grosso" e culminata, secondo il documentario, con il sultanato di Lele Mora e la dannazione mediatica di Fabrizio Corona, raccontati come mostri contemporanei direttamente collegabili al sistema di disvalori promossi dal premier quando era ancora "solo" un imprenditore televisivo. (...) Il problema del documentario, oltre ad una inspiegabile lentezza nel montaggio e a uno scarso senso estetico nel posizionare la cinepresa, è quello di non arrivare veramente al nocciolo della questione nel descrivere l'importanza del controllo delTimmagine nell'ascesa di un potente, come invece ha fatto magistralmente (e con essenziale brevità) Marco Belpoliti nel suo saggio "Il corpo del capo". E nel contempo arrivare al limite della glorificazione di ciò che Gandini apparentemente disprezza: Fabrizio Corona viene raccontato come un modello, negativo sì, ma efficace e carismatico. Quanti ragazzi, vedendo "Videocracy", avranno voglia di imitarlo?

Autore: Boris Sollazzo - Testata: Film TV

(...) Eccola l'Italia spiegata a uno straniero da un italiano che all'alba dell'Era Berluscoide è andato in Svezia. Gandini non è come noi, non si è abituato. Non ha smesso di indignarsi solo perché il futuro sarebbe stato peggiore del presente. Ha la filmografia (da "Gitmo" a "Sacrificio", passando per la Bosnia) di chi conosce l'orrore di un mondo che precipita sorridendo. E non ha paura di sporcarsi le mani per scendere negli ingranaggi e arrivare al sistema. Il nemico non è Berlusconi, ma questa Italia. Un Paese di morti viventi che merita solo una Corona di spine.

Autore: Alberto Crespi - Testata: l'Unità

(…) L’unico momento cinematograficamente forte di "Videocracy " è un’intervista a Lele Mora nella quale il noto agente di personaggi televisivi, dopo aver paragonato Berlusconi a Mussolini a tutto vantaggio di quest’ultimo, si dichiara «mussoliniano» e mostra alla telecamera il display del suo telefonino sul quale, al suono di "Faccetta nera", appaiono svastiche, croci celtiche e orrori del ‘900 assortiti. E dietro tutto ciò, il volto di Mora, sorridente e pacioso. Ecco, quello è un momento in cui si ha la sensazione di guardare negli occhi il Male, un Male tanto più pericoloso in quanto ridicolo e apparentemente innocuo. Sono cose che sapevamo, ma che è utile ripassare. In Svezia, penseranno che l’Italia è un manicomio in cui i pazzi hanno preso il potere, e forse andranno in ferie altrove. A voler censurare Gandini dovrebbero essere gli albergatori, non la Rai.

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